La terza escursione organizzata dalla Faum – Club Escursionistico “T. Clementi” di Cagli - si è svolta domenica 4 luglio lungo un itinerario un po’ più impegnativo dei precedenti ma di sicuro interesse paesaggistico ed anche culturale.
Il percorso, iniziato davanti alla Caserma delle Guardie Forestali di Cagli, si è presentato subito impegnativo dopo la foto di gruppo con panorama di Cagli e campo di papaveri scattata sull’Antiata: da qui il sentiero che sale verso il Monte Bambino è piuttosto faticoso, benché ombreggiato. Raggiunta la cresta dello spartiacque lo spettacolo della gola del Burano, la vista del Monte Petrano al di là della gola, il panorama che da nord a sud-est mostra un ampio settore di territorio che va da San Marino al Monte Conero, ripagano ampiamente la prima fatica.
Da qui, sempre in salita, si procede lungo il tratto del Sentiero Frassati che conduce ai Vai, aggirando il Monte Campifobio (Rank artond) sulla sinistra nel senso di marcia.
Da qui si può osservare il sito del Castello di Figarola, sulla vetta del Monte Mezzano, quel monte che sta al centro della rotondeggiante valle della Canala. Il nome del castello, secondo alcune azzardate intuizioni, avrebbe a che fare con la curiosa conformazione della valle della Canala che col suo Monte Mezzano, visti dal Pian della Torre, riprodurrebbero, in qualche modo, le forme di un grande organo genitale femminile. Il Castello di Figarola, del quale rimangono ora, in cima al Monte Mezzano, solo i resti pur ben evidenti delle mura delle fondamenta in pietra calcarea, fu la dimora degli Acquaviva, la potente famiglia che intorno al XI-XII sec. dominò il territorio.
Nella foto si vede il sito del castello di Figarola con il Faeto sullo sfondo; sulla destra, nella macchia che circonda il fosso sotto alla strada, è ipotizzabile l’accesso al cunicolo che dovrebbe condurre all’eremo di san Salvatore, nell’altro versante del monte Campifobio. Da alcune testimonianze di anziani frequentatori della zona per attività boschive si è avuta conferma sull’esistenza di alcune “tane” (una detta tana baldina e un’altra con un nome diverso) dove si trovava ricovero dai temporali. Poco sotto alla sella dei Vai, dal lato della gola del Burano, fra gli alberi ai margini di un prato,
esistono ancora poche tracce di quello che fu l’eremo di San Salvatore.
Dalla “Vita Romualdi” di San Pier Damiani, si conosce che S.Romualdo visse sui monti sopra alle Foci di Cagli nel 1011, quando aveva 104 anni. Vi fondò gli eremi di San Salvatore e di San Bartolo (quello sul versante opposto della gola del Burano, quasi di fronte ai Vai).
Di fronte ai Vai, dall'altro lato della valle del Burano, si intrevede ca' Lorenzone,
nel sito dell'eremo di San Bartolo.
Si ha conferma di ciò anche dagli Annali Camaldolesi. Inoltre numerosi documenti dell’archivio Comunale, dell’archivio segreto Apostolico Vaticano, citazioni storiche del Bricchi e del Gucci, testimoniano l’esistenza e l’importanza della chiesa di San Salvatore sopra alle Foci fino al 1620, anno in cui, dopo un lungo periodo di abbandono e di decadenza, la chiesa venne demolita ed il materiale venne impiegato dai Padri Zoccolanti per l’ampliamento del loro convento di S. Andrea presso le mura di Cagli. Il Bricchi racconta che nel luogo della chiesa venne lasciata una piccola celletta per rimembranza del monastero distrutto dalle fondamenta.
Luigi Michelini Tocci sostiene che l’eremo di San Salvatore dovette attraversare un periodo di ricchezza e di potenza, tra l’XI ed il XIII secolo. Accenna inoltre all’esistenza di una misteriosa galleria che passerebbe sotto al monte Campifobio, dall’eremo fino al fosso Mezzano, fra le Codelle e Scalamone. Non ci sarebbe da chiedersene l’utilità se si considera la presenza, poco lontano dall’eventuale sbocco, sulla cima del monte Mezzano, del castello di Figarola che all’epoca viveva il suo massimo splendore. E non si deve pensare ad un’opera di eccessivo impegno, vista la possibilità della presenza di cavità naturali nelle viscere del sovrastante monte Campifobio, il quale non è altro che una piega anticlinale di rocce cretaciche.
Dai Vai l’itinerario è proseguito lungo un ripido sentiero in discesa nel cuore della Canala fino alle case del Mulinaccio, sovrastate dal suggestivo profilo di quanto resta della Pieve di Santo Stefano di Acquaviva, detta “de Figarola” risalente a prima del 1200.
I ruderi della chiesa di S. Stefano di Acquaviva, detta "de Figarola"
Riferisce don Gottardo Buroni (“La Diocesi di Cagli” - Tipografia Bramante – Urbania, 1943) che nel 1930 “…oltre l’altar maggiore dedicato a S.Stefano la chiesa ne ha altri due compresi nelle due cappelle laterali, dei quali quello a settentrione è sacro alla Vergine del Rosario. Il quadro che vi era fu rimosso e collocato presso la porta della sagrestia, in sua vece fu posto il quadro della diruta chiesa di S.Maria del Trebbio, in cui si vedono dipinte le immagini di alcuni santi con in mezzo quella antichissima della B. Vergine. Di fronte c’è l’altare di S. Giuseppe, con quadro fatto dipingere con altri santi da D. Vena, che in un angolo della tela fece scrivere anche il suo nome.” Chissà dov’è finita tutta sta roba? Oggi il tetto della chiesa è crollato, rimangono in piedi le mura perimetrali ed il campanile che aveva ben quattro campane, delle quali la più grande pesava ben 600 Kg. - come quella di San Francesco a Cagli, per intenderci -. Sarebbe un peccato se crollasse tutto, perché almeno il rudere, da dovunque lo si guardi, caratterizza il profilo dell’orizzonte con una testimonianza del passato non trascurabile.
Varcata la Serra di Acquaviva, l’itinerario è proseguito lungo un sentiero che corre a mezza costa del Monte Bambino, quasi orizzontalmente, attraverso Ca’ Vicarello e Ca’ Lanna fino all’Antiata. Questo tracciato ripercorre un antico itinerario di epoca romana che collegava l’antica Cale Vicus a Sentinum, l’attuale Sassoferrato, rappresentando uno dei più importanti diverticoli della strada consolare Flaminia.
Peccato che la maleducazione di qualcuno abbia turbato la tranquillità della comitiva. Infatti lungo questo tratto di strada un cane pastore maremmano, lasciato libero dal proprietario, ha creato qualche problema al transito: il proprietario, intervenuto con comodo in seguito ai richiami dei malcapitati, anziché trattenere il cane si limitava a dire “nit avanti, nit avanti ch’en v’ fa nient’ ”, mentre il cane, minaccioso, continuava a ringhiare piazzato lì in mezzo alla strada.
Queste cose fanno incazzare !