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25 luglio 2011

29 luglio 2011: a Civitanova Marche una coincidenza da non perdere.



Nel quadro di POPSOPHIA, il 1° Festival del Contemporaneo che si sta svolgendo a Civitanova Marche (MC) dal 15 luglio al 17 agosto con una straordinaria serie di eventi di notevole spessore culturale, la giornata di venerdì 29 luglio è particolare perché presenta, tra l'altro, il vernissage della mostra "Linea d'orizzonte" del cagliese Bruno Marcucci. L'evento si svolgerà alle ore 19.30 nella Sala Foresi in Piazza xx settembre a Civitanova Marche.

Tra gli altri numerosi eventi della giornata si segnala, alle ore 21.30 la conversazione su "Pensare il futuro: Fingere" di Massimo Cacciari, che si terrà al Lido Cluana

QUALCHE PAROLA SU BRUNO MARCUCCI
Da molti anni Bruno Marcucci, lungo la rotta di un progetto aperto, che lo porta a muoversi con grande naturalezza tra disegno, pittura, scultura e


installazioni, conduce una ricerca orientata sulla profondità e animata da un senso fortissimo della materia – materia terra e materia fumo, materia primordiale e materia tecnologica, materia su supporto e supporto che si fa materia - a cui la mano s’accosta con emozione antica e sapiente consapevolezza. Nel tempo, alla riduzione dei mezzi operativi viene a corrispondere, in modo sempre più perentorio, una sempre maggiore concentrazione dell’immagine, sino a giungere agli iceberg di Linea d’orizzonte, tempere al silicone su carta, che si collocano al limite tra visibilità e invisibilità, finitudine e infinito, spazialità luminosa delle superfici e oscurità dei recessi senza fondo. Dalle parti emerse degli iceberg ci si protende ad ascoltare quel che trascorre al di sotto. La linea d’orizzonte alta pone lo spettatore in corrispondenza di ciò che è sommerso, di ciò che quietamente sprofonda nelle sconfinate regioni della lontananza, dell’inconoscibile, in cui si inseguono concavità e convessità, in un’ondulata sedimentazione di pieghe. La moltiplicazione seriale degli iceberg, di dimensioni estremamente varie, senza cesure di spazi bianchi, senza silenzi a separare l’uno dall’altro, crea un teatro mobilissimo, tra differenza e ripetizione, con una felice successione ritmica di colori e di toni che si modula in mille variazioni sia nella parte emersa sia in quella che si inabissa. Compresse e avviluppate, piega su piega, le masse sommerse, quasi un concentrato del mondo, sembrano suscettibili di espandersi potenzialmente all’infinito, nel centro stesso dell’abisso.
A un’altezza di m 2,03 si pone, appunto, la linea dell’orizzonte, frontiera e limite della visione e della conoscenza, linea di confine tra la lontananza del passato e l’assolutamente ignoto del futuro, nell’aleatorietà del nostro essere viventi. Ma più lo sguardo torna a percorrerla, facendo tutto il giro delle pareti, più si lascia prendere dalle pulsazioni dinamiche, dal puro ritmo delle forme e dei colori. Quello che resta alla fine è un senso di gioia, la gioia pura, senza ragione, che nasce dalla felicità delle immagini.

Giuliana Paganucci



Con quanta fatica Bruno Marcucci sia arrivato a questo livello di sintesi espressiva non ci è dato di sapere; da quale punto della sua molteplice e minuziosa ricerca sia scaturita una così singolare chiarezza di visione solo lui ce lo potrà dire, se vorrà. Con la naturalezza con cui si scarta un bonbon e poi si getta la carta così Marcucci ci rivela il segreto della pittura, con la chiarezza del matematico che dimostra un teorema ci porge la chiave della pittura moderna; l’arte narra di se, a se si rivela e a noi apre una finestra grande sul meraviglioso.

Ettore Sordini



Note biografiche
Bruno Marcucci è nato a Cagli nel 1948. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Urbino dove si diploma nel 1972. Viaggia in Europa, dove arricchisce la sua formazione frequentando un corso di scultura tenuto da Joseph Beuys a Dusseldorf. Con l’amico pittore Paolo Paolucci compie un lungo viaggio in Africa. Soggiorna un anno negli Stati Uniti, al ritorno sarà assistente allo studio del pittore Emilio Vedova, per la realizzazione di un ciclo di opere. Si lega di amicizia con i pittori Ettore Sordini e Angelo Verga e partecipa a mostre e al lavoro di studio. Durante il lungo sodalizio che lo lega al musicista Fernando Mencherini illustra alcune sue composizioni. Attualmente insegna alla Scuola del Libro di Urbino.

13 luglio 2011

RIPULITE DAI GRAFFITI LE CHIESE DI SAN FRANCESCO E SAN DOMENICO.

Ricompensa per l’individuazione degli artefici.


Colpì l’opinione pubblica nel maggio scorso l'incivile imbrattamento, ad opera di ragazzini ubriachi, dei paramenti murari dell'area absidale della monumentale chiesa di San Francesco del 1234: la chiesa francescana più antica delle Marche.
In questi giorni l’Associazione Regresso Arti, grazie ad un più vasto accordo con il Comune di Cagli, ha gratuitamente ripulito con la consueta professionalità l'intera area che purtroppo anche nel 2009 era stata gravemente deturpata dai “graffitari”.

A differenza però di due anni fa nei mesi scorsi gli aspiranti barbari, a quanto è dato sapere, sono ragazzini ubriachi della Scuola media inferiore capeggiati da alcuni soggetti della Scuola media superiore ben noti alle forze dell'ordine.
Altri elementi poco dopo i menzionati fatti del maggio 2011 (e probabilmente sull'onda della notorietà di questi) avevano invece inteso deturpare la fiancata della chiesa di San Domenico in Cagli che custodisce il capolavoro affrescato del padre di Raffaello.

In un articolo a doppia pagina pubblicato sul Corriere della Sera di sabato 9 luglio, tra le tappe turistiche di un itinerario proposto per le Marche figura Cagli (insieme all’Abbazia di Fiastra, le Grotte di Frasassi e l’abbazia di Fonte Avellana) proprio per la chiesa di San Francesco ed il suo ritrovato ciclo di affreschi del Trecento.
Come, peraltro, dall'Ottocento la città di Cagli è citata presso il pubblico anglosassone per la presenza della chiesa di San Domenico con i preziosi affreschi del padre di Raffaello.

Dunque tutelare queste preziose chiese non è un mero fatto di civiltà, non significa solo preservare la bellezza in esse contenute poiché è anche un dato economico che non può lasciare nessuno indifferente.
Occorrono perciò azioni nuove per fronteggiare le scorribande barbariche di giovani e giovanissimi che affogano la loro noia, la loro mancanza di fantasia e di gioia di vivere, la loro ignoranza di percepire il bello nella ripetuta banalità dell'alcol e delle droghe.

Serve la reazione di tutti, occorre ripristinare una cittadinanza attiva e vigile per difendere le notevoli ricchezze delle nostre comunità.
Credo che si debba ripartire con un coinvolgimento serrato delle forze dell’ordine attraverso il Prefetto e che si debba sensibilizzare Regione e Provincia per un’azione a tenaglia su più fronti. Nel frattempo il Comune di Cagli riconosce la ricompensa di euro 500 a quanti daranno alle forze dell’ordine o all’Amministrazione Comunale indicazioni rilevanti volte ad individuare e portare dinanzi al giudice gli artefici dell’imbrattamento degli edifici monumentali siti in Cagli.

Alberto Mazzacchera
Vice Sindaco di Cagli .



























3 luglio 2011

MUSICA CONTEMPORANEA: BONGELLI PLAYS MENCHERINI

GIOVEDI' 21 LUGLIO 2011


alle ore 21.15


TEATRO COMUNALE DI CAGLI

concerto per pianoforte solo

Pianista: Fausto Bongelli
Musiche di Fernando Mencherini


presentazione del musicologo Renzo Cresti


Intervista a Fausto Bongelli



E' uscito per l'etichetta VDM Records il nuovo cd del pianista Fausto Bongelli. Il lavoro è interamente dedicato alla musica per pianoforte del compositore Fernando Mencherini (1949-1997).

Lei è ritenuto uno dei massimi interpreti italiani della musica contemporanea, cosa l'ha spinta a dedicarsi in particolare a questo linguaggio musicale?

Sin da ragazzo sono sempre stato attratto dalla dissonanza e, per dirla con Williams Paterson, “la dissonanza (se vi interessa) porta alla scoperta”. La musica contemporanea mi ha aperto mondi nuovi e l’esplorazione dell’evoluzione del linguaggio mi fa stare sveglio; amo gli agitatori culturali.

Com'è la situazione della musica contemporanea oggi in Italia?

Il mondo della musica italiana è estremamente conservatore e tende a ripiegarsi su se stesso. Ci sono importanti e interessanti festival di Nuova Musica in tutto il paese che rischiano di scomparire per mancanza di sovvenzioni. In ogni caso, ritengo che la spinta propulsiva della musica sia inarrestabile!


L'intero materiale del CD è composto dalle opere di Fernando Mencherini. Come e quando ha iniziato a collaborare con il compositore?

Ho conosciuto Mencherini a metà degli anni ottanta. Mi piacquero subito sia lui sia la sua musica. Era un uomo diretto e senza fronzoli, non faceva nulla per risultare simpatico, parlava con una certa riluttanza del suo lavoro. Cercava un pianista per un suo pezzo (Per Limina) con cui aveva vinto un concorso a Budapest (ISCM 1986) e da quel momento, come nelle migliori storie d’amicizia, non ci siamo più lasciati.
Posso dire che la sua vicinanza ha cambiato il mio modo di essere musicista: mi ha fatto conoscere compositori che ignoravo (Rzewski, Ligeti, Glass, Reich ed altri). E – soprattutto – mi sono liberato dalle concezioni accademiche del Conservatorio. Ancora oggi, a quattordici anni dalla scomparsa, mi manca.

Quali sono le caratteristiche principali della musica di Mencherini? Le sue partiture rappresentano una sfida stimolante per l'esecutore?

Nel cd mi sono concentrato particolarmente sull’ultima produzione pianistica. I brani che affronto si muovono su diversi piani e offrono un ricco spaccato della poetica mencheriniana, dalla costante ricerca sul ritmo di Rite in Progress, all'intima e melanconica espressività di La Huella, dalla libertà formale, al limite dell'improvvisazione di Canzone Periferica - dove Mencherini getta un ponte con il passato utilizzando in modo molto dilatato una successione armonica di un Notturno di Chopin - alla concezione modulare delle Sei Danze Armoniche.
Posso dire di aver visto nascere tutti i pezzi pianistici di Fernando perché spesso mi sottoponeva i primi abbozzi che guardavo con molta curiosità; era imprevedibile e nulla era scontato.
A proposito di sfide: una volta un noto pianista italiano gli commissionò un pezzo che poi, insieme ad un altro noto pianista, giudicò ineseguibile. Lo studiai, per la verità con molta fatica, e lo registrai per la Rai. Ebbene, Fernando, inviò la registrazione al pianista dicendo che lo avevo studiato in una settimana! Abbiamo riso molto. Ho raccontato questo episodio perché molto spesso l’atavica incapacità di rinnovamento degli interpreti condiziona la diffusione di opere che, proprio per la loro natura, richiederebbero un approccio libero e non condizionato da vecchi retaggi culturali.

Intervista a cura di Dora Varnai






presentazione del cd


"Bongelli plays Mencherini"


edito da VDM Records



La discografia dedicata al vasto repertorio del compositore Fernando Mencherini (1949-1997) dopo le raccolte Playtime (col legno) e Fernando Mencherini (Edipan), si arricchisce di un nuovo capitolo: il cd Bongelli plays Mencherini edito da VDM Records.

Bongelli plays Mencherini è interamente dedicato all'ultima produzione pianistica del compositore marchigiano, quella compresa nel decennio 1988-1997.

Tutti i pezzi sono affidati a un unico esecutore, complice storico di Mencherini, il pianista Fausto Bongelli, che ha visto nascere molti dei brani della raccolta.

Come sottolineato anche dalla presentazione contenuta nel libretto del cd, a cura di Renzo Cresti - il critico che ha maggiormente approfondito l'opera di Mencherini -, la selezione dei brani offre un ricco spaccato dell'eclettica e complessa poetica mencheriniana, passando dalle ardite ricerche tecniche e ritmiche di Rite in progress e Abuse of power comes as no surprise, alle dolenti e intense La Huella e Canzone periferica, per finire con la ricchezza espressiva delle Sei danze armoniche, colonna sonora dello spettacolo di danza “Ghirigori ovvero Io non guardo mai il cielo” della compagnia Arbalete, ispirato alla figura di Maria Reiche.





Bongelli si muove perfettamente a suo agio tra le partiture di Mencherini, e all'innegabile padronanza tecnica (secondo il critico Julien Mosa egli sembra suonare con quattro mani) unisce una particolare sensibilità che gli permette di far affiorare tutte le sfumature del linguaggio mencheriniano.