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9 giugno 2012

Una tragedia rimossa.

 “Quando i narcisi erano solo narcisi”


di Carla Ragni *

Cinque anni fa, il 14 marzo 2007, si è tenuta in Svizzera, a Locarno, la presentazione del libro “Quando i narcisi erano solo narcisi”, scritto dalla cagliese Carla Ragni e pubblicato dalla Provincia, in cui si racconta la vita della famiglia Ragni di Cagli. Scrittrice di fama in Svizzera, Carla Ragni è stata la nuora di Gianni Ragni, sindaco socialista di Cagli costretto ad una rocambolesca fuga all’indomani dell’uccisione di Giacomo Matteotti, perché ricercato dalle squadre fasciste. Nel quadro che la protagonista ricompone attraverso la ricerca delle radici della famiglia di origine di suo marito, riemerge, oltre ad una bella ricostruzione della vita cagliese dell’epoca e del fervore politico e sociale che animava quegli anni, anche la triste storia di due giovani cagliesi che, ostacolati nella realizzazione del loro sogno d'amore, andarono incontro al suicidio.  Il libro è stato anche presentato a Losanna in collaborazione con la federazione dei Marchigiani Svizzeri, ed anche a Cagli, il 13 aprile 2007, nella Sala del Ridotto del Teatro Comunale (via Porta Vittoria).

Il racconto si svolge a Cagli nei primi anni del ‘900 e narra le vicissitudini della famiglia del Sig. Giovanni Ragni, primo sindaco socialista di Cagli, costretto a fuggire come emigrato forzato in Svizzera a Locarno, perché perseguitato dall’avvento del fascismo. Questo racconto, sebbene si svolga come un viaggio della memoria da parte della protagonista tra realtà e finzione, parlando di quella Cagli rappresenta un importante punto di riflessione sulla vita di chi ha vissuto l’emigrazione e le sue conseguenze nella condizione di “esiliato” forzato a causa dell’avvento del fascismo.

L’emigrazione dalle diverse tipologie motivazionali, ha significato per Cagli un fenomeno caratterizzante. Tornare dunque a riflettere su tali temi dai risvolti attuali, anche attraverso la lettura di questa opera, oggi che la comunicazione ha assunto un aspetto prioritario, è fondamentale per riportare a galla la nostra storia, i valori della nostra comunità e per non cancellare l’identità di quel fenomeno.


personaggi (in ordine di comparizione)

Carla Nigra – membro della famiglia Nigra (anagramma di Ragni), detta dei cantori Rasena (Etruschi)

Elisa – la veggente

Nina – la “madre”

Bibìn – il proprietario del caffè di Piazza

Bakunìn, Cafiero, Malatesta - anarchici

Andrea Costa – anarchico, poi uno dei fondatori del Partito Socialista

Neto Nigra – (alias Benedetto Ragni * ) giovane cantante lirico, tenore, di umili origini

Gianni Nigra – il “dissidente”, fratello minore di Neto, marito di Nina, il “padre”

Il calzolaio – padre di Neto e Gianni

Bianca Alfieri – (alias Elisabetta Bufalini) pupilla di casa Alfieri

Gigio – servo di casa Alfieri

Berto – factotum di casa Alfieri

Stefano Nigra – pianista, erede della vena musicale Rasena dei Nigra

Bino – il fotografo

Daini – il farmacista

Micheli - il banchiere

Donati – il medico

La marchesa Ginzani

La veggente antenata di Elisa

Don Giuseppe – un prevosto

L’Alfieri – padre di Bianca

Madonna Alfieri – madre di Bianca

Cleto – proprietario della locanda (alle Pole)

I marchesi Ruspotti – possidenti urbinati

Eugenio Ruspotti – primogenito della famiglia Ruspotti

Battista – domestico di casa Alfieri

La moglie di Cleto il locandiere

Il garzone di Cleto

Un dottore


In merito alla tragedia che riemerge dalla narrazione dopo oltre un secolo, la cronaca del tempo aveva dato ampio spazio. Ne riportiamo alcune testimonianze relativamente recenti: 

( 1 ) Carlo Arseni – Immagine di Cagli – Calosci, Cortona, 1989 – pag. 289 e segg.

Cosa era accaduto in casa Bufalini? Ce lo dice il Giornale d'ltalia (4 Dicembre 1903): «Elisabetta Bufalini di anni 18, figlia del Sindaco di questa città, da tempo amoreggiava con Benedetto Ragni, di anni 22, scalpellino. I genitori della ragazza, a causa delle dispari condizioni finanziarie dei due innamorati, opponevano recisamente che i due giovani raggiungessero l'aspirazione dei loro cuori. E fu tale opposizione che li determinò a troncare con la morte una esistenza per loro divenuta intollerabile». La cronaca prosegue dicendo che i due la sera precedente avevano raggiunto a piedi il paese di Pole e lì in una stanza avvenne la tragedia: la ragazza tirò vari colpi di revolver sul fidanzato e poi colpì se stessa varie volte. Tutto questo dopo che il Ragni aveva visto dalla finestra della camera l'arrivo dello zio della ragazza, il quale sentite le detonazioni, accorse e trovò la nipote morta e il Ragni mortalmente ferito. La morte dei due giovani, così inaspettata e violenta fu causa di profonda commozione in tutta la città.

 
( 2 ) Carlo Arseni - Cagli ‘900 tra cronaca e storia, parte prima – Calosci, Cortona, 1992 – pag. 43 e segg.

Elisabetta «dagli occhi vivaci e dall'ingegno svegliato» aveva conosciuto Benedetto alla scuola elementare e l'amicizia era stata poi favorita nel ricreatorio cattolico, ove i ragazzi recitavano. Il Ragni dal viso lentigginoso era emigrato in Svizzera dove si era fatto socialista. Tornato a Cagli i rapporti tra i due ripresero e la ragazza lasciava lettere al mattino nel banco al Duomo dove assisteva alla Messa; una vecchia donna passava le lettere al giovane. In una di queste lettere la giovane aveva incollato un articolo della «Tribuna» del 14 Dicembre, in cui si parlava di un dramma svoltosi qualche giorno prima in un Albergo di Roma, dove furono rinvenuti cadaveri, tenendosi per mano, due giovani innamorati. In calce all'articolo Elisabetta aveva scritto: «Ti piacerebbe fare la stessa fine?» La stessa notte la fuga per Pole (Piobbico) e la tragedia. Furono sparati sei colpi di revolver. Tre ferite aveva la ragazza alla tempia e all'orecchio destro. Una ferita il Ragni alla tempia destra. Due altri colpi conficcati nel muro. Sul tavolo una bottiglia di Vermouth incominciata; in tasca di lei una testina di morto in madreperla, indosso a lui una cartina di solfato di rame, una busta con due fogli di carta ed un lapis, che certo dovevano servire a scrivere i loro addii, se non fossero stati costretti ad anticipare il fatale gesto dalla vista dello zio della ragazza che stava arrivando.


In data 7 Maggio 1903, a firma di O. Barone, esce un poemetto dal titolo «POSTUMA ED ...OLTRE TOMBA» .

Nella prefazione l'autore dice che trattasi di un'opera immaginaria, ma le cose che in esso sono raccontate – afferma - «sempre e dovunque si ripetono e si ripeteranno finche l’ egoismo umano ebbe ed avrà modo e ragione di vivere».

L' Autore si figura il giovane tratto in argomento, «crollato nel trionfo insolente della mediocrazia». «II disprezzo delle genti e l'arte dello scroccare della nostra Italia», avrebbe costretto «quel caparbio codino dello scalpello (Benedetto Ragni era uno scalpellino) nell'invasione d'una miseria terribile ...» È l'amante d'una giovane figlia d 'imperatore» .L' amore tra i due è «passionale, prepotente e invincibile». La proibizione ostinata dell'imperatore in questo caso presentava una sola risposta: la brutalità più egoistica e crudele. Quella che ha prodotto carnefici e «procurato lugubri e misericordiose tragedie».

Il fatto che l' Autore si nasconda sotto uno pseudonimo, perché di questo sembra trattarsi, ed alteri i nomi dei paesi (Cagli diventa «Canicaglica»; Acqualagna «Acqua dei Lagni»), dimostra qual fosse in città il clima di tensione creatasi in seguito al triste evento. L' Autore per essere libero di sparare a zero contro «l'imperatore», contro l'egoismo della classe politica dirigente, che reputava fatto delittuoso l'appartenere a un partito democratico, specie socialista, racconta poeticamente fatto ed antefatto e si fa interprete delle fugaci speranze, ma più dei timori, della disperazione, dei propositi di morte espressi in particolare da Elisabetta, ragazza messa in croce da un pregiudizio ostinato, ragazza disperata fino al punto di intravedere la sua unica porzione di felicità nella rinuncia alla vita.

Nella versione reale la giovane, in un primo momento fu tenuta relegata in casa. Riuscito vano questo tentativo, la famiglia pensò di farla trasferire in altra città, le procurò un giovane fidanzato, costringendola così alla simulazione, che lei si sforzò di studiare allo scopo di ritornare a Cagli, senza che la passione ne fosse minimamente soffocata. Si pensò allora a un altro periodo di prigionia in casa, il periodo in cui si maturò la decisione di farla finita, tante volte da lei accarezzata.

Nella lettera, infatti, del 31 Agosto 1902, otto mesi prima della tragedia, così la ragazza scrive all'amato: «... sono stata male, ho avuto una buona dose di febbre, avrei voluto volerne il doppio pur di morire. Non desidero di vivere e non mi allieta nemmeno il pensiero che potremo avere dei giorni felici». Afferma poi di accontentarsi «solo di un po' di pace». «Con la morte -aggiunge -tutto avrà fine e io la desidero, non già per sembrare sentimentale, perché al mio caso non c' è modo di esserlo, ma perché almeno quando sarò sotto terra sono sicura di essere lasciata tranquilla». Rimane inamovibile ai rimproveri della famiglia: «E credi che tutte queste minacce m'abbiano spaventata? Tutt'altro! Sento d'amarti sempre di più, ti vorrò sempre tanto tanto bene ...».

E qui è una disperata rassegnazione che detta le parole al cuore di questa fragile fanciulla: «Se un giorno non potrai più sopportare questa vita, se dovrai soffrire per causa mia, dimmi pure francamente che mi lascerai, e io non mi lamenterò e sarò sempre disposta a fare ciò che tante volte ho detto». Scorrendo altra lettera, si ha la chiara visione della natura di questo amore privo di gioie, come si deduce da una precedente missiva del 12 marzo 1899, in cui la quindicenne giovinetta dice a Benedetto che «ben volentieri» lo spetterebbe «dalla parte di sotto», quando lui passa (lato del palazzo in via Lapis), ma ne è impedita dalla costante guardia della madre nel piano superiore, e del nonno nel piano «di sotto». Ma ancora vive in lei la speranza di un avvenire migliore, speranza, frammischiata dall 'inestinguibile timore di essere scoperta. «Se davvero mi vuoi bene, non devi parlare a nessuno che io ti scrivo, perché se si sapesse qualche cosa, sarei sicura di non vederti mai più». Il tema della paura riaffiora in altra lettera del primo Maggio '99. Ma qui si adombra anche quello della gelosia: «T'avrei risposto prima se non avessi tanta paura e se non mi fosse venuta tanta rabbia, quando la Pia m 'ha raccontato che fai l' amore con essa e con la nipote di un macellaio, che non so chi sia. E' vero?».
Evidentemente la ragazza non ci crede, perché non ne fa un motivo di litigio, anzi, riprende immediatamente il tema del segreto in quanto «tutti tendono a farci del male e a raccontare alla mamma ogni più piccola cosa» che vengono a sapere. Benedetto era di quattro anni più anziano di lei. Aveva compiuto 22 anni quando morì. Mancando documenti non possiamo dare di lui un ritratto interiore. Possiamo solo dire che la decisione di concludere con il suicidio la storia del loro infelicissimo amore fu presa di comune accordo, perché l' arma omicida se l' era procurata lui.

Così volse verso il fatale epilogo la tragedia dei due innamorati alla quale non contribuì soltanto l' incomprensione della famiglia di lei, ma anche il pregiudizio, per il quale i due infelici furono discriminati anche nel funerale: sontuoso quello di lei; povero e in ombra quello che pochi amici allestirono per lui; pregiudizio classista, assai vivo allora ed elemento categoricamente inderogabile nel consorzio sociale. Vi contribuì anche l'adesione dello scalpellino all'ideale socialista in un'epoca in cui ciò costituiva marchio d'infamia; vi contribuì, e non meno, l'atmosfera di sentimentalismo romantico, che fortemente impresse di sé l'ultimo scorcio del secolo XIX, e che non solo il fatto di Cagli incoraggiò e produsse.

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* Carla Ragni vive a Locarno. La scrittrice collabora dapprima al trisettimanale "Eco di Locarno" e attualmente al giornale "La Ragione". Suoi racconti e poesie sono apparsi su diverse riviste e giornali, inoltre: "Innesto a quattro mani", una riflessione critica sul modo di fare arte oggi, è stato pubblicato nel 1990, in forma ridotta, dalla rivista "Donnavanti". Il racconto "Il Ponte" che fa parte della raccolta "La città degli occhi" è apparso sulla rivista letteraria "Sturzflüge" di Bolzano. "La Bottega", racconto della stessa raccolta è stato trasmesso dalla Radio della Svizzera italiana rete 2 in Intermezzo Musicale. "Flos acque" è una poesia che Carla Ragni ha composto per una creazione musicale per coro e orchestra destinata ai festeggiamenti del centenario di fondazione della Società Svizzera di Pedagogia Musicale; "Requiem breve", composizione che porta lo stesso nome. E' curatrice della silloge poetica "L'Esilio", poeti di frontiera "I Libri di Brolett", 1994 Como. Con Solvejg Albeverio Manzoni e Ketty Fusco ha pubblicato una raccolta di poesie "Il fiore e il frutto; triandro donna" proclamata libro dell'anno della Fondazione Schiller per il 1994.





altre opere dell’autrice

La città degli occhi. Bellinzona (Istituto Editoriale Ticinese) 1992. (Il Ceppo)

Le tentazioni del caos. Venezia (Ed. del Leone) 1993. (Narrativa)

Il fiore e il frutto, triandro donna. Venezia (Ed. del Leone) 1993. (I Piombi)

Felis : la saga degli addomesticati. Balerna (Ed. Il Gatto dell'Ulivo) 1995. (Collanaédo)

La giornaliera : strascio di un incesto. Balerna (Ed. Il Gatto dell'Ulivo) 1995. (Collanaédo)

L' ombelico del maligno. Balerna (Ed. Il Gatto dell'Ulivo) 1995. (Collanaédo)

La settima guglia. Balerna (Ed. Ulivo) 1996

La porta chiusa. Varese (Nuova Editrice magenta) 2000. (Lanterna magica ; 1)

Memoria sul pavé e altri racconti. Balerna (Ed. Ulivo) 2002. (I pedigreed)

La caduta dei cieli. San Cesario di Lecce (Piero Manni) 2004 (Occasioni)





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