DELL'L'ASSOCIAZIONE CONTEMPORANEO
Presentazione del libro
"Dal Concilio, la laicità"
di Luciano Benini, fisico, attivista per la pace, per l'ambiente, per il bene comune, consigliere comunale di Fano.
Venerdì 8 ottobre alle ore 18
Sala Fernando Mencherini
(ridotto del Teatro Comunale)
Ingresso gratuito
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Luciano Benini
Dal Concilio, la laicità
Dal Concilio, la laicità
Edizioni
Banca del Gratuito
Banca del Gratuito
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Prefazione
di Giorgio Magnanelli
Quelli che vengono raccolti in questa agile pubblicazione sono due recenti interventi di Luciano Benini tenuti a Pesaro, il primo all’Università della Libera Età e il secondo all’Istituto Secolare Regnum Marie. Il primo dei due testi è titolato “I cattolici nella realtà italiana dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II”, mentre il secondo tratta del “Il Cristiano e la Laicità”.
Sono due temi che si toccano e si intrecciano in diversi punti e che, rincorrendosi, stimolano la riflessione comune sugli aspetti più attuali dell’intorno del cristianesimo. Infatti, ragionare oggi sull’evoluzione del mondo cattolico italiano, significa dare corpo, prioritariamente, proprio alla questione della laicità. Il laico che intendiamo in queste note non è tanto il laico versus il chierico, quanto il laico cattolico impegnato a declinare il Vangelo in quella che il Concilio stesso definisce la “Città degli uomini” ed è chiamato a dialogare con tutti e a rendere – appunto - laiche le perle della propria fede. Questa prospettiva prende proprio il via dagli orientamenti emersi dal Concilio Vaticano II e si snoda in tutto il periodo successivo fino ai nostri giorni, passando attraverso i giganti della Chiesa degli ultimi cinquant’anni: Giovanni XXIII, Mazzolari, Dossetti, Lercaro, Milani, Giovanni Paolo II, Haring, Paolo VI, Martini, Bettazzi, Sorge, che Luciano Benini lega efficacemente tra loro attraverso il pensiero e l’azione del loro apostolato laico, presso il laici. Il Concilio Vaticano II ha indicato una prospettiva che da sempre costituisce una base comune di riferimento tra la visione “socio-politica” della laicità e quella “religioso-ecclesiale” della fede. A partire dal Concilio le realtà laicali hanno acquisito una propria autonomia di ruolo e di giudizio, utili a costruire una convivenza feconda a vantaggio dell’unica famiglia degli uomini. Nel contempo i laici sono stati eletti ad un ruolo di corresponsabilità, collegialità e consapevolezza. Poco conta, in prospettiva storica e futura, se questo processo è ancora ben lungi dall’essere compiuto e arranca ancora tra alti e bassi ciclicamente ricorrenti.
In questa prospettiva cadono quegli “storici steccati” tra credenti e laici hanno spaccato il paese per interi decenni. In questa prospettiva la Chiesa, con al suo interno laici che hanno finalmente rivendicato ed ottenuto il loro diritto di parola, si pone come ponte per la costruzione di una umanità legata da vincoli di rispetto sulla base dei valori fondamentali proclamati da duemila anni di cristianesimo e che non possono non considerarsi universali. Penso alla pace, all’accoglienza, alla solidarietà, alla nonviolenza, alla difesa dei deboli, alla gratuità, alla sobrietà, alla salvaguardia del creato.
In questa prospettiva questo testo è parimenti rivolto sia ai credenti che ai non credenti, i quali, sulla scia della declinazione di un kalambour di moda, potrebbero esser meglio definiti “diversamente credenti”. Non credo, infatti, che esistano persone non affatto credenti: chi non crede nel Dio dei cristiani in qualche cosa comunque crede (non può non credere), e, sempre e comunque è (non può non essere) in ricerca. Sempre e comunque egli è (non può non essere) tessera dell’umanità che dall’apparizione della vita sulla faccia della terra si interroga sul senso ultimo della propria esistenza. In questo contesto la figura stessa dell’autore, da sempre ricco di dubbi piuttosto che di dogmi, con la sua storia di uomo profondamente credente e nel contempo profondamente incarnato nella realtà politica e sociale della nostra città, rende plastico questo collegamento.
Nell’ottica conciliare e nella riflessione ad essa collegata, laicità, secolarità e pluralismo, intesi come valori positivi, vengono contrapposti a laicismo, secolarismo e relativismo, intesi come esasperazioni o degenerazioni dei primi e tendenti ad escludere sia la dimensione spirituale di chi non crede che la dimensione civile, sociale e politica di chi crede.
Questo testo si pone come sintesi di tutto ciò. Il sottile ma decisivo confine tra laicità e laicismo è un punto nevralgico del rapporto tra credenti e non credenti, tra chiesa, società e stato. É di forte rilievo che Paolo VI parli di laicità come “ponte” fra la Chiesa e la società, necessario al cammino di entrambe. Il Concilio inoltre stigmatizza l’importanza di quell’impegno sociale e politico dei laici credenti che lo stesso Paolo VI distilla nella sintesi “La politica è la più alta forma di carità”
Un altro topic che mi piace introdurre e che lo stesso Luciano Benini accarezza più volte è quello strano parallelo, assolutamente non cercato, ma costantemente ricorrente, tra il Concilio Ecumenico Vaticano II e la Costituzione della Repubblica Italiana. Sono entrambe leggi fondamentali e matriciali, tra loro quasi coetanee, promulgate ad una ventina d’anni l’una dall’altra. Il Concilio è in qualche modo la legge costituzionale della Chiesa della modernità e non a caso i suoi quattro documenti fondamentali si chiamano “costituzioni”. Ebbene c’è una figura che più di ogni altra lega Concilio e Costituzione ed è quella di Giuseppe Dossetti, tra i principali protagonisti dell’Assemblea Costituente e delle Assise Conciliari. Una figura molto cara a parecchi di noi; una personalità di assoluto e limpido rilievo nella storia della Chiesa e del Paese, che abbiamo conosciuto, amato e accompagnato negli ultimi giorni della sua vita, spesi a sostenere i Comitati a difesa della Costituzione e le istanze di attuazione del Concilio.
Non sembri un paradosso il fatto che oggi, in un tempo che semina i suoi giorni su un impianto di menzogna e il disvalore, Concilio e Costituzione, anche in questo accomunati, siano sotto attacco. Quello che cambia sono le modalità dell’attacco: la Costituzione subisce continui, volenti e rozzi tentativi di stravolgimento ed ha avuto bisogno di una mobilitazione popolare - suscitata in primis da Dossetti - nonché di un referendum, per fortuna vinto, per continuare a salvaguardare - ultimo ed estremo baluardo - questo nostro sventurato Paese; il Concilio, al contrario viene costantemente svilito, banalizzato e svuotato, quasi d’inedia, perché, come si sa, la Chiesa non uccide ma lascia morire.
Questo tema è sfociato sovente in un quesito: negli ultimi decenni i cattolici sono stati o no politicamente rilevanti? Mi associo alla risposta che da più parti si è levata e cioè che i cattolici sono stati rilevanti quando si sono richiamati ai valori del Concilio e non lo sono stati quando se ne sono allontanati. Come ha lucidamente espresso Giovanni Bachelet “E’ nella distinzione chiara degli ambiti e nella valorizzazione ampia delle competenze e delle autonomie dei laici, discese dal Concilio, la chiave della rilevanza politica dei cattolici”. Oggi - a me pare - lo spirito del Concilio è quanto mai lontano e flebile e, non a caso, la caratura della rilevanza politica dei cattolici è sotto il livello dei tacchi delle loro scarpe. Ovviamente con le debite eccezioni e Luciano Benini è una di queste.
Se i credenti, a cominciare dai Vescovi e dai Presbiteri, rileggessero ogni tanto i documenti del Concilio, oltre a recuperare rilevanza politica, ritroverebbero un po’ di speranza, di gioia e di fiducia in sé stessi, e, forse, stenderebbero uno sguardo un po’ più benevolo sul tempo che stiamo vivendo.
Quelli che vengono raccolti in questa agile pubblicazione sono due recenti interventi di Luciano Benini tenuti a Pesaro, il primo all’Università della Libera Età e il secondo all’Istituto Secolare Regnum Marie. Il primo dei due testi è titolato “I cattolici nella realtà italiana dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II”, mentre il secondo tratta del “Il Cristiano e la Laicità”.
Sono due temi che si toccano e si intrecciano in diversi punti e che, rincorrendosi, stimolano la riflessione comune sugli aspetti più attuali dell’intorno del cristianesimo. Infatti, ragionare oggi sull’evoluzione del mondo cattolico italiano, significa dare corpo, prioritariamente, proprio alla questione della laicità. Il laico che intendiamo in queste note non è tanto il laico versus il chierico, quanto il laico cattolico impegnato a declinare il Vangelo in quella che il Concilio stesso definisce la “Città degli uomini” ed è chiamato a dialogare con tutti e a rendere – appunto - laiche le perle della propria fede. Questa prospettiva prende proprio il via dagli orientamenti emersi dal Concilio Vaticano II e si snoda in tutto il periodo successivo fino ai nostri giorni, passando attraverso i giganti della Chiesa degli ultimi cinquant’anni: Giovanni XXIII, Mazzolari, Dossetti, Lercaro, Milani, Giovanni Paolo II, Haring, Paolo VI, Martini, Bettazzi, Sorge, che Luciano Benini lega efficacemente tra loro attraverso il pensiero e l’azione del loro apostolato laico, presso il laici. Il Concilio Vaticano II ha indicato una prospettiva che da sempre costituisce una base comune di riferimento tra la visione “socio-politica” della laicità e quella “religioso-ecclesiale” della fede. A partire dal Concilio le realtà laicali hanno acquisito una propria autonomia di ruolo e di giudizio, utili a costruire una convivenza feconda a vantaggio dell’unica famiglia degli uomini. Nel contempo i laici sono stati eletti ad un ruolo di corresponsabilità, collegialità e consapevolezza. Poco conta, in prospettiva storica e futura, se questo processo è ancora ben lungi dall’essere compiuto e arranca ancora tra alti e bassi ciclicamente ricorrenti.
In questa prospettiva cadono quegli “storici steccati” tra credenti e laici hanno spaccato il paese per interi decenni. In questa prospettiva la Chiesa, con al suo interno laici che hanno finalmente rivendicato ed ottenuto il loro diritto di parola, si pone come ponte per la costruzione di una umanità legata da vincoli di rispetto sulla base dei valori fondamentali proclamati da duemila anni di cristianesimo e che non possono non considerarsi universali. Penso alla pace, all’accoglienza, alla solidarietà, alla nonviolenza, alla difesa dei deboli, alla gratuità, alla sobrietà, alla salvaguardia del creato.
In questa prospettiva questo testo è parimenti rivolto sia ai credenti che ai non credenti, i quali, sulla scia della declinazione di un kalambour di moda, potrebbero esser meglio definiti “diversamente credenti”. Non credo, infatti, che esistano persone non affatto credenti: chi non crede nel Dio dei cristiani in qualche cosa comunque crede (non può non credere), e, sempre e comunque è (non può non essere) in ricerca. Sempre e comunque egli è (non può non essere) tessera dell’umanità che dall’apparizione della vita sulla faccia della terra si interroga sul senso ultimo della propria esistenza. In questo contesto la figura stessa dell’autore, da sempre ricco di dubbi piuttosto che di dogmi, con la sua storia di uomo profondamente credente e nel contempo profondamente incarnato nella realtà politica e sociale della nostra città, rende plastico questo collegamento.
Nell’ottica conciliare e nella riflessione ad essa collegata, laicità, secolarità e pluralismo, intesi come valori positivi, vengono contrapposti a laicismo, secolarismo e relativismo, intesi come esasperazioni o degenerazioni dei primi e tendenti ad escludere sia la dimensione spirituale di chi non crede che la dimensione civile, sociale e politica di chi crede.
Questo testo si pone come sintesi di tutto ciò. Il sottile ma decisivo confine tra laicità e laicismo è un punto nevralgico del rapporto tra credenti e non credenti, tra chiesa, società e stato. É di forte rilievo che Paolo VI parli di laicità come “ponte” fra la Chiesa e la società, necessario al cammino di entrambe. Il Concilio inoltre stigmatizza l’importanza di quell’impegno sociale e politico dei laici credenti che lo stesso Paolo VI distilla nella sintesi “La politica è la più alta forma di carità”
Un altro topic che mi piace introdurre e che lo stesso Luciano Benini accarezza più volte è quello strano parallelo, assolutamente non cercato, ma costantemente ricorrente, tra il Concilio Ecumenico Vaticano II e la Costituzione della Repubblica Italiana. Sono entrambe leggi fondamentali e matriciali, tra loro quasi coetanee, promulgate ad una ventina d’anni l’una dall’altra. Il Concilio è in qualche modo la legge costituzionale della Chiesa della modernità e non a caso i suoi quattro documenti fondamentali si chiamano “costituzioni”. Ebbene c’è una figura che più di ogni altra lega Concilio e Costituzione ed è quella di Giuseppe Dossetti, tra i principali protagonisti dell’Assemblea Costituente e delle Assise Conciliari. Una figura molto cara a parecchi di noi; una personalità di assoluto e limpido rilievo nella storia della Chiesa e del Paese, che abbiamo conosciuto, amato e accompagnato negli ultimi giorni della sua vita, spesi a sostenere i Comitati a difesa della Costituzione e le istanze di attuazione del Concilio.
Non sembri un paradosso il fatto che oggi, in un tempo che semina i suoi giorni su un impianto di menzogna e il disvalore, Concilio e Costituzione, anche in questo accomunati, siano sotto attacco. Quello che cambia sono le modalità dell’attacco: la Costituzione subisce continui, volenti e rozzi tentativi di stravolgimento ed ha avuto bisogno di una mobilitazione popolare - suscitata in primis da Dossetti - nonché di un referendum, per fortuna vinto, per continuare a salvaguardare - ultimo ed estremo baluardo - questo nostro sventurato Paese; il Concilio, al contrario viene costantemente svilito, banalizzato e svuotato, quasi d’inedia, perché, come si sa, la Chiesa non uccide ma lascia morire.
Questo tema è sfociato sovente in un quesito: negli ultimi decenni i cattolici sono stati o no politicamente rilevanti? Mi associo alla risposta che da più parti si è levata e cioè che i cattolici sono stati rilevanti quando si sono richiamati ai valori del Concilio e non lo sono stati quando se ne sono allontanati. Come ha lucidamente espresso Giovanni Bachelet “E’ nella distinzione chiara degli ambiti e nella valorizzazione ampia delle competenze e delle autonomie dei laici, discese dal Concilio, la chiave della rilevanza politica dei cattolici”. Oggi - a me pare - lo spirito del Concilio è quanto mai lontano e flebile e, non a caso, la caratura della rilevanza politica dei cattolici è sotto il livello dei tacchi delle loro scarpe. Ovviamente con le debite eccezioni e Luciano Benini è una di queste.
Se i credenti, a cominciare dai Vescovi e dai Presbiteri, rileggessero ogni tanto i documenti del Concilio, oltre a recuperare rilevanza politica, ritroverebbero un po’ di speranza, di gioia e di fiducia in sé stessi, e, forse, stenderebbero uno sguardo un po’ più benevolo sul tempo che stiamo vivendo.
Giorgio Magnanelli
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