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22 marzo 2021

Nuove promesse sulla Sanità Regionale: cambio di passo o vuota propaganda?

 A tre anni dalle promesse disattese dalla precedente Amministrazione Regionale la situazione della Sanità marchigiana ed in particolare dell'ex ospedale di Cagli è arenata di fronte alla carenza di servizi ed all'inadeguatezza delle strutture. Riportiamo l'intervento dell'Assessore Francesco Baldelli, della nuova Amministrazione, pronunciato davanti al Consiglio regionale del 16 marzo u.s.. Si tratterà di un cambio di passo o della rivisitazione delle parole già abbondantemente sfruttate nell'ultima campagne elettorale? Noi ci contiamo. Ne riparleremo fra tre anni:

DOPO IL FALLIMENTO DELL'ATTUALE PIANO SANITARIO, UNA RISOLUZIONE PER SOSTENERE LA GIUNTA REGIONALE NELLA SUA DECISIONE DI SCRIVERE UN #NUOVOPIANOSANITARIO CHE ABBANDONI IL SISTEMA DEGLI OSPEDALI UNICI PER REALIZZARE UNA RETE OSPEDALIERA CHE FINALMENTE GARANTISCA IL DIRITTO ALLA SALUTE A TUTTI I MARCHIGIANI IN MODO OMOGENEO
Ho deciso di intervenire dopo che ho ascoltato – passatemi l’espressione – il tentativo dialettico del carnefice, il Pd, che vorrebbe accusare di omicidio la vittima e ribaltare la realtà.
Qui la vittima è la #sanitàmarchigiana, che è stata tramortita dai piani sanitari 2012-2014 e 2020-2022, da voi ideati e approvati, che hanno massacrato la sanità territoriale e quella ospedaliera della nostra regione:
- 13 ospedali chiusi
- molti altri depotenziati
- altri ancora abbandonati strutturalmente
camuffando questo disastro con il miraggio di una nuova sanità dietro il bluff della costruzione di ospedali unici.
Il consigliere Carancini vuole parlare dell’oggi e allora invito tutti a leggere i dati del corriere adriatico odierno:
- le marche hanno il più alto tasso di saturazione di posti letto in Italia
- 48 degenti ogni 100.000 abitanti le marche (61% di occupazione dei posti letto in area medica)
- 78 degenti ogni 100.000 abitanti l’Emilia Romagna (53% di occupazione di posti letto in area medica).
Cosa vuol dire questo? Che in Emilia Romagna non hanno distrutto la sanità tagliando i posti letto come nelle Marche.
Ecco perché’ ringrazio i gruppi consiliari di maggioranza: FdI, Lega, FI, Udc, Civici per aver proposto questa risoluzione.
Al contempo chiedo all’opposizione di cogliere questa occasione per dimostrare un vero #cambiodipasso sulla sanità, quella stessa sanità che parte di questa opposizione ha colpevolmente indebolito nel passato.
Un cambio di passo che avviene con la redazione di un #nuovoPianoSocioSanitario regionale, che abbandoni il sistema degli ospedali unici e metodi finanziari stravaganti e pericolosi per la loro costruzione, per realizzare una rete ospedaliera e una sanità che garantisca in modo omogeneo ed equilibrato il #dirittoallasalute a tutti i marchigiani, delle aree interne come della costa, delle città capoluogo come dei centri minori.
Lo dobbiamo ai cittadini marchigiani e anche a chi quotidianamente è in prima linea per salvarci la vita: #operatorisanitari, #infermieri, #medici, #volontari.

6 marzo 2021

SAN LEO. Un toponimo da recuperare

 




Al centro l'ex casa forestale di Ca' Baldelli.

A sinistra il Monte San Leo. In alto il Monte di Santa Maria.

GUARDA IL VIDEO


di Lucio Palazzetti

  Nei pressi di quanto rimane della ex casa forestale di Ca’ Baldelli, in fondo alla strada di Gambarino, una diramazione sulla destra di chi percorre la strada provinciale in direzione di Monte Petrano, un contrafforte di maiolica ricoperta di prato e di macchia a basso fusto denominato Monte San Leo sovrasta e degrada rapidamente dai suoi 521 m. di quota fino al tratto della strada provinciale Cagli-Pianello, tra la Madonna di Cerbino e la Casa di Giarella, oggi nota come la Capanna del Loch. Oltre la strada scorre il Fiume Bosso fra i suoi suggestivi anfratti rocciosi.

  Il Monte San Leo prende il nome dalla presenza ai suoi piedi, in tempi remoti, di una chiesetta denominata San Leo che il Buroni così descrive nel suo libro “La diocesi di Cagli”: A circa tre chilometri da Cagli, sulla strada che mena a Secchiano, esisteva attorno al mille la chiesuola dedicata a San Leo. Se ne ha memoria in una permuta del 1132 tra l’abbate di San Geronzo e il priore dell’Avellana. Ora ne rimane solamente il nome.

  Anche nel recente libro “Pianello di Cagli. Viaggio nella storia di una vallata” di G. e M. Presciutti e G. Dromedari, citando il Gucci e il Faraoni, si parla di questa chiesa dotata di rendite,  come parte del patrimonio ceduto nel 1132 dal Priore di Santa Croce di Fonte Avellana all’Abate di San Geronzo.

  Dal parlare di una chiesuola isolata presente intorno al mille nell’area del Monte Petrano, dove è noto che San Romualdo fondò e diede la Regola a diversi eremi, e pensare di ipotizzare lì la precedente presenza di una celletta  eremitica, magari collegata al cenobio di San Nicolò, il passo è breve. In seguito per le esigenze di culto degli abitanti del circondario, potrebbe essere sorta proprio lì la chiesetta, attiva però solo per un breve periodo di tempo.

  Fatto sta che ho voluto indagare se nel luogo indicato con il toponimo di San Leo nelle mappe, sia del Catasto Pontificio sia dell’Istituto Geografico Militare, esistesse ancora qualche traccia della chiesetta, e forse il sito di un altro eremo del nostro territorio oltre a quelli ben noti di San Salvatore, di San Bartolo e di San Nicolò.



Mappa del Catasto Pontificio 

Tavoletta dell'I.G.M.



Il muro in bella pietra corniola
ad andamento nettamente curvo.
  
  Con mia grande sorpresa il ritrovamento  è stato facile: le tracce dell’antico fabbricato in bella pietra si trovano esattamente dove indicano le mappe, ancora ben visibili nelle parti fuoriuscenti dal terreno per circa un metro di altezza, a delimitare un lato di un perimetro ad andamento prima rettilineo e poi curvo come ad accennare a una piccola abside. 


  




  
  La parte mancante del perimetro sarà stata sicuramente asportata come pregiato materiale da costruzione molto tempo fa, tanto è vero che grossi conci di pietra ben tagliati si trovano ancora isolati, abbandonati a breve distanza dal muro superstite. La stessa sorte era toccata all’eremo di San Salvatore, le cui pietre vennero asportate e riutilizzate per la costruzione della chiesa di Sant’Andrea degli Zoccolanti, come testimonia il Michelini Tocci sul suo volume Eremi e Cenobi del Catria.

Alcuni reperti di pietra ancora presenti, fino a qualche anni fa,
nei pressi del sito in cui sorgeva l'eremo di San Salvatore sopra le Foci. 

  Ritengo quindi che tale presenza fosse nota ai nostri vecchi e mi sorprende il fatto che nessuno abbia mai dato il meritato rilievo alla cosa.

  Ora però si rende necessario riportare alla luce queste antiche vestigia, renderle fruibili e restituire il suo nome alla località, peraltro molto frequentata nella stagione estiva da chi si va a bagnare nelle fresche acque del Bosso.